sabato 6 dicembre 2014

SOLIDARIETA' A SILVIA FABBI

Dettaglio della priam pagina del
Corriere Dell'Alto Adige


 Venerdì 5 Dicembre, 2014   CORRIERE DELL' ALTO ADIGE - ALTO ADIGE ( PRIMA PAGINA)



parlare alla pancia
di Nadia Mazzardis Lucich*

Le elezioni si avvicinano ed è più facile 
parlare alla pancia della piuttosto che alla testa.








  Venerdì 5 Dicembre, 2014    CORRIERE DELL' ALTO ADIGE - ALTO ADIGE (Pag. 9)

Caso Tomada-Armanini: si avvicinano le elezioni, più facile parlare alla pancia
SILVIA FABBI 

Silvia Fabbi è una giovane giornalista donna che intervista un giovane musulmano, gli pone alcune domande e lui risponde. Fa esattamente il suo dovere di giornalista, non dà la sua opinione, ma si limita a lasciare spazio al fatto, una pagina Facebook che si chiama «Italiani convertitevi all’Islam». E ne intervista appunto l’amministratore. 
Si può non essere d’accordo con il contenuto dell’intervista e creare un dibattito sulla stessa, ma non di certo sulle domande poste, quanto sulle risposte date, rimanendo sui contenuti. E invece, a nemmeno dieci giorni dalla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, una consigliera comunale di Fratelli d’Italia (e non sorelle…), Maria Teresa Tomada, e un candidato sindaco leghista, Sergio Armanini, non trovano di meglio da fare che andare sul personale, perché a loro l’intervista non piace. Danno fiato a una serie di commenti che solo a riportarli creano imbarazzo: «Questo è il soggettino glorificato oggi da Silvia Fabbi (…) brava hai proprio capito tutto» scrive Tomada; e Armanini dà il meglio di sé: «Ma perché non le mettiamo un burka e la facciamo andare in Nigeria? Forse dopo il centesimo stupro si sveglierà…».
Come Snoq impieghiamo molto del nostro tempo (sotto forma di volontariato) in attività didattiche e di sensibilizzazione volte a rendere i giovani e le giovani consapevoli che la differenza di genere c’è, che viviamo in una cultura patriarcale da cui ci dobbiamo difendere. Tutti, ragazzi e ragazze, per migliorare le nostre relazioni, i nostri rapporti, per facilitarli.
Leggendo questi commenti, diventa svilente pensare quanto taluni politici, nelle loro esternazioni, non prendano in considerazione il valore o il disvalore pedagogico di ciò che dicono. Personalmente non sono d’accordo con il ragazzo intervistato quando sostiene «Il Corano dice chiaramente che uomo e donna hanno diritti specifici», perché non dice che hanno «uguali diritti».
Non sono nemmeno d’accordo con il Papa, quando una settimana fa a Bruxelles e pochi giorni prima ricevendo i medici cattolici, ha ritentato la solita pratica, tanto cara nell’ambiente, nel negare una legge dello Stato, la 194, che dà il diritto alle donne di autodeterminarsi e di decidere personalmente per il proprio corpo, scegliendo se diventare madri o ricorrere all’aborto.
Nella religione ebraica non va meglio. L’accanimento sul femminile non si fa attendere e l’Onu ha espresso più volte preoccupazione per l’assenza di un rito civile nel matrimonio, che discrimina fortemente la donna all’atto del divorzio, in quanto è lei che deve presentarsi di fronte a un tribunale religioso (formato da maschi) e, in assenza di collaborazione da parte del marito, deve presentare un motivo sufficientemente valido per poter ottenere il divorzio. Mentre è il marito a poter/dover dichiarare che il matrimonio è finito e solo allora la moglie è libera.
Così tre religioni monoteiste, con un Dio uomo che parla per bocca di religiosi uomini, i quali da sempre vogliono avere il controllo sul corpo delle donne, ci hanno portato fino qua.
Il presidente turco Erdogan qualche giorno fa ha dichiarato che «le donne non sono uguali a noi»; Camillo Langone, giornalista di «il Giornale» e di «Libero», ieri lasciava ai suoi lettori/seguaci la perla di saggezza che per tornare a far figli bisogna togliere i libri alle donne; il portabandiera dei valori occidentali, l’Armanini de nonantri, invece di prendersela con l’oggetto dell’articolo — i contenuti — o con il soggetto che i contenuti li ha prodotti — l’intervistato — parte lancia in resta augurandosi cento stupri per la giornalista.
Questo non è sessismo interiorizzato, è molto peggio: è esteriorizzato, è senza vergogna alcuna. Non basta che Armanini si scusi e non basta che Tomada dica «non si può più criticare un articolo?». Non avete criticato un articolo, avete attaccato una donna, perché in una cultura imbottita di sessismo, di omofobia, di razzismo, è molto più facile attaccare l’anello debole della catena. E molto più facile banalizzare e aggredire, buttarla sul sesso, anziché sul contenuto. Purtroppo viene facile anche alle donne. E ciò rattrista ancora di più.
Perché Tomada non ha attaccato il contenuto? Perché Armanini non ha specificato cosa non gli piaceva dell’articolo? Sarebbe interessante saperlo.
Non sarà mica perché si avvicinano le elezioni comunali e parlare alla pancia piuttosto che alla testa è davvero molto più semplice? O forse perché gli argomenti politicamente interessanti per la testa mancano completamente?
Solidarietà incondizionata a Silvia Fabbi.
* Presidente di «Se Non Ora Quando?— Es Ist Zeit!»
Alto Adige Südtirol




nel corso della giornata il caso rimbalza sui social e diventa notizia a livello nazionale

http://www.huffingtonpost.it/2014/12/05/giornalista-insultata-stupro_n_6274234.html


Fino a diventare un caso dove persino la prefetto, Elisabetta Margiacchi, prende posizione


Sabato 6 Dicembre, 2014 CORRIERE DELL' ALTO ADIGE - ALTO ADIGE (Pag.2)
Margiacchi: attacchi ingiustificabili a Fabbi

La Digos verifica i post contro la giornalista. Carbajal: violenza spaventosa. La vicenda assume rilievo nazionale

BOLZANO «Trovo assolutamente deprecabile quello che si sta verificando a danno della giornalista Silvia Fabbi». Così il prefetto di Bolzano, Elisabetta Margiacchi, prende posizione dopo gli attacchi alla redattrice del Corriere dell’Alto Adige comparse in rete e sulla pagina Facebook della consigliera comunale di Fratelli d’Italia, Maria Teresa Tomada.
Le frasi pesanti contro la giornalista sono apparse all’indomani della pubblicazione di un’intervista realizzata dalla stessa Fabbi ad un musulmano di 23 anni che ha aperto una pagina facebook dal nome «Convertirsi all’Islam». Il primo ad attaccarla, scusandosi dopo, è stato l’ex candidato sindaco leghista a Merano, Sergio Armanini, che sul social network aveva scritto, riferendosi all’autrice dell’articolo «Ma perché non le mettiamo un burka e la facciamo andare in Nigeria? Forse, dopo il centesimo stupro si sveglierà». Da qui, la replica della Tomada, che aveva tacciato la Fabbi di «buonismo ottuso: quello che non capiscono questi soggetti è che per questa gente siamo tutti infedeli da sgozzare».
«Gli insulti e gli epiteti offensivi che sono stati rivolti a Fabbi — prosegue il prefetto Margiacchi — non sono giustificati e giustificabili da nessun punto di vista. Da considerare, soprattutto, che la giornalista non ha fatto altro che svolgere la propria opera di informazione corretta e di prospettazione di casi, tra cui proprio quella del cittadino musulmano in questione, che devono essere riportati all’opinione pubblica per conoscere e sapere, a maggior ragione di questi tempi in cui sembra che prevalga la sfiducia, l’aggressività e l’ostilità. Quindi una condanna piena per quanto sta accadendo: il terreno dell’offesa e dell’insulto è assolutamente da condannare. Sempre».
La polemica, continuata sulla pagina facebook della consigliera Tomada anche nei giorni scorsi, è arrivata anche a toccare i quotidiani nazionali. Dalla questura, intanto, fanno sapere che la Digos sta raccogliendo tutti i messaggi che sono pervenuti sull’argomento sulle pagine facebook e si sta valutando su come procedere, anche per quanto riguarda la sicurezza della giornalista.
Con la giornalista solidarizza anche la presidente della Consulta stranieri Paola Sanchez Carbajal. «Queste aggressioni ai danni di una giornalista donna ci stanno facendo tornare ai tempi del medioevo. Come donna e come presidente della consulta esprimo piena solidarietà a Silvia Fabbi» sottolinea Carbajal che si dice molto preoccupata per i continui incitamenti alla violenza che arrivano dai social network. «Se questo è il trattamento che viene riservato a una donna italiana che cosa possiamo aspettarci noi stranieri?» si chiede.
Il caso intanto approda anche il consiglio comunale. Per martedì prossimo la consigliera Wally Rungger (verdi) ha chiesto un articolo 31 per un dibattito urgente che però potrebbe essere secretato visto che si parla di persone. Infine Alessandro Bertoldi (Fi) annuncia di voler denunciare Maf Foughali, il musulmano intervistato dal Corriere, per alcuni post in cui parla di pena di morte per gli omosessuali e gli americani. 

Marco Angelucci
Ilaria Graziosi

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