lunedì 25 giugno 2012

Quotidiani e violenza di genere


Con riferimento all’articolo apparso sabato 23 giugno a pagina 3 del quotidiano Alto Adige, desideriamo porre attenzione sulla forma sessista che traspare dallo stesso. Da mesi il comitato nazionale e quello locale SeNonOraQuando stanno lavorando sulla parte culturale legata al femminicidio e sulla responsabilità che anche gli organi di stampa hanno nel modificare i propri micro-comportamenti per vedere modificati nel tempo i macro-comportamenti sociali. Da mesi su blog delle giornaliste più impegnate come la rete delle giornaliste Giulia, Loredana Lipperini o Lorella Zanardo, compaiono articoli e riflessioni sul tema dell’uso giornalistico delle parole “amore” o “passione” spesso legate agli assassinii di donne.
Nell’articolo a firma Mario Bertoldi rileviamo non solo il consueto e obsoleto uso delle frasi “L’amore, quello vero, non c’entra nulla. Ad armare la mano di Aouichaoui Boubaker è stato l’interesse”, come se una mano potesse essere armata dall’amore, piuttosto che l’ormai immancabile “delitto passionale”, ma anche una descrizione della vita sessuale della vittima, definita “ancora piena”, cui si aggiungono i commenti: “Pare non disdegnasse accompagnarsi a partner anche occasionali molto più giovani di lei.”, piuttosto che “a preoccuparlo non sarebbe mai stato l’aspetto sentimentale della questione (di per sè inesistente)”. Ribadiamo a nome del comtitato SeNonOraQuando che sarebbe opportuno che anche i giornalisti, soprattutto gli uomini, si mettessero in discussione, quando utilizzano luoghi comuni e frasi fatte come “delitto passionale” oppure affiancano parole come “amore” a reati di omicidio, anzi di femminicidio, perché di questo si tratta. Mai, e sottolineiamo mai, in caso di uccisioni di uomini, in rari casi da parte di donne, è affiorata nella descrizione la parola passione. Siamo il Paese in cui da troppo poco tempo il reato di violenza sessuale, non è più considerato reato contro la morale, ma contro la persona e questi retaggi linguistici ne sono la prova. Il fatto che in pochi mesi il numero di donne uccise sia così alto, vede una corresponsabilità nell’immagine che di questi delitti si dà. Relegarli a trafiletti a fondo pagina, oppure dare loro spazio, attraverso un linguaggio che però fa percepire una forma di giustificazione all’efferatezza, è un modello culturale troppo praticato, ma che va smantellato. Inoltrarsi nella descrizione della vita sessuale attiva della vittima, piuttosto che delle sue abitudini ad accompagnarsi con uomini più giovani, oltre a sembrarci irriverente nei confronti della persona deceduta, trabocca purtroppo di sessismo.
Ripetiamo che in caso di omicidi di uomini, nessun giornalista si addentra a raccontare quante donne la vittima abbia frequentato, se giovani o vecchie, e soprattutto, l’immaginario collettivo subisce ancora la fascinazione di un uomo che nella sua vita ha avuto molte donne, mentre la situazione contraria porta le donne ad essere connotate negativamente. Ci chiediamo se il giornalista che ha scritto l’articolo si è posto il problema di cosa penserà la maggior parte delle persone che leggeranno il suo pezzo. Noi ce lo siamo chiesto, e la conclusione che si trae da una prima lettura sommaria è “a 65 anni faceva ancora sesso, con uomini più giovani, li pagava, quindi se l’è cercata”. Tacciarci, come ancora troppo spesso accade, di femminismo isterico non basta. Se si vogliono cambiare le cose nel nostro Paese, si deve inevitabilmente passare anche dalla responsabilità e dalla presa di coscienza, da parte degli uomini della propria sessualità, del modo in cui la vivono soprattutto in età adulta, e di come sono in grado o meno di accettare un rifiuto da parte delle donne. Si deve passare anche e non solo, dalla modalità con cui “la questione femminile” in generale, e il femminicidio, in particolare viene descritto da parte di giornalisti uomini. E su questo sarebbe interessante una riflessione giornalistica profonda. Cambiare si può, ma si deve cambiare tutti. Per questo siamo disponibili ad un confronto che crediamo farebbe bene a tutti. 
Cordiali saluti Comitato Se Non Ora Quando – Es Ist Zeit – Alto Adige - Südtirol Nadia Mazzardis Lucich

Nessun commento:

Posta un commento