martedì 30 luglio 2013

Dal ginocchio al videogame, l'innovazione è di genere di Barbara De Micheli 18.07.2013

Le donne ricevono i due terzi delle protesi al ginocchio, ma fino a poco tempo fa il modello standard dell'arto era solo maschile. E' solo uno degli esempi di come l'innovazione scientifica e tecnologica beneficia del punto di vista di genere, che dà nuove soluzioni e  nuove possibilità di lavoro. Il progetto "Gendered innovations"
Cosa vuol dire, in concreto, introdurre l'analisi di genere nella ricerca scientifica e tecnologica? Qualche risposta a questa domanda è stata data nel convegno finale di “Gendered Innovations” (1), un progetto coordinato da Londa Schiebinger, che la novità la porta nel suo stesso nome: le innovazioni di genere, infatti, sono quelle che non sarebbero state possibili senza l’adozione di una prospettiva e di un’analisi di genere. Guardandole da vicino capiamo meglio cosa succede quando il genere da categoria descrittiva diventa categoria analitica; ne derivano varie conseguenze, tra le quali anche l'apertura di nuove opportunità di mercato.
L’idea di base è semplice e insieme rivoluzionaria e parte dalla messa in discussione della struttura attuale dei modelli di ricerca che impedisce all’innovatività di esprimersi nella differenza. Detto in altri termini, per essere davvero innovativi bisogna cambiare i modelli mentali. Le scienze - ma anche l’ingegneria, la medicina, le scienze ambientali – per innovare hanno bisogno di introdurre il genere a partire dall’analisi, per includere nella definizione del problema esigenze e bisogni di tutta la popolazione (e non solo di un po’ meno della metà).
Partendo da questo presupposto, Gendered Innovations propone una serie di strumenti e di approcci che consentono di applicare l’analisi di sesso e genere – e l’analisi dell’intersezione dei due fattori – in diversi ambiti della ricerca scientifica, cominciando dalla formulazione delle domande della ricerca. E presenta anche una serie di casi concreti, in discipline diverse, di come porsi le domande di ricerca con una consapevolezza di genere abbia indotto risultati sorprendentemente innovativi.
Si tratta quindi di un approccio che supera il tema della presenza delle donne nella scienza e nelle istituzioni scientifiche per porre la questione della definizione e produzione di contenuti e conoscenze in cui il genere sia trasversalmente presente. Il punto diventa non solo avere più donne scienziate ma anche far entrare il genere nella ricerca, con la dignità di una categoria di analisi. Includere genere e diversità nella ricerca significa porsi il problema di trovare soluzioni tecniche e tecnologiche capaci di rispondere ai bisogni di tutti e, quindi, di migliorare le condizioni di vita di una larga fetta della popolazione. Con l’ulteriore conseguenza, non irrilevante, di produrre innovazione anche in termini di applicazioni innovative, guadagnandoci anche in apertura di nuovi mercati e creazione di nuovi posti di lavoro. Qualche esempio? Il sito del progetto ne è ricco. Un primo ambito di applicazione è la medicina di genere (tema che su questo sito è stato analizzato con uno specifico dossier). Guardare a uomini e donne come a soggetti biologicamente diversi, con comportamenti sociali diversi, significa porsi il problema se le malattie cui sono soggetti sono identiche (e sappiamo che non è così) e cercare cure e soluzioni di profilassi che tengano conto di queste differenze. Ovvero aprire il campo alla ricerca, e alla produzione, di nuove cure e nuovi supporti medici. Ed è questo il caso delle protesi per il ginocchio: benché nel 2007 delle circa 500.000 artoplastiche totali al ginocchio realizzate a livello mondiale circa due terzi abbiano interessato donne, il modello standard di riferimento per la costruzione delle protesi sostitutive è quella dell’arto di un uomo di peso medio, con conseguenze negative per le terapie riabilitative ed il recupero della mobilità. L’analisi di genere, che mette in relazione il sesso con altre variabili significative (in questo caso il peso del soggetto interessato) ha permesso di mettere in discussione il modello “standard” di protesi uguali per tutti, aprendo così il mercato alla produzione di protesi “femminili”, adatte a uomini e donne con caratteristiche morfologiche diverse, con conseguente miglioramento della qualità della vita dei paziente (donne e uomini) e relativa creazione di nuove opportunità occupazionali.
In un ambito contiguo a quello sanitario, quello delle tecnologie innovative per l’invecchiamento attivo, adottare una prospettiva di analisi di genere significa tener conto del fatto che nella crescente popolazione in età avanzata donne ed uomini si presentano con esigenze, bisogni e comportamenti differenti. Se è vero che le donne vivono di più, è anche vero che vivono peggio gli ultimi anni della propria vita, spesso in solitudine e con una maggiore necessità di cure fornite da soggetti esterni (2). Alle donne anziane, che più degli uomini vogliono mantenere a lungo la propria autonomia e indipendenza, e continuare ad occuparsi della cura di sé e della propria abitazione, servono supporti tecnologici che consentano loro di continuare ad abitare in casa propria casa, con un livello di qualità della vita accettabile. Si apre quindi un campo di applicazione tecnologiche, informatiche e di domotica con ampie opportunità di mercato anche in virtù del drammatico innalzamento dell’età media previsto per il 2050.
Sul fronte delle ingegneria ambientale c’è poi il tema dei trasporti pubblici e della necessità di ripensare modelli e teorie della mobilità considerando l’approccio della “mobilità della cura”. Si tratta di riconoscere e valorizzare il lavoro di cura e studiare i comportamenti di mobilità di  cittadini e cittadine tenendo conto del numero e del tipo di spostamenti che uomini e donne fanno per assolvere le proprie responsabilità di cura, con l’obiettivo di offrire servizi che tengano conto anche di queste esigenze.
Infine, tra i tanti esempi presentati, un ultimo ambito di applicazione estremamente interessante,   è quello dell’ingegneria applicata alla produzione di video games, un ambiente fortemente interessato dalla produzione e dal rinforzo di stereotipi di genere. I cosidetti videogiochi “per tutti” sono di fatto pensati per un pubblico maschile (che costituisce la fetta prevalente del mercato di riferimento); ci sono videogames disegnati per le ragazze, che però propongono una differenziazione marcata dei ruoli di genere. Applicare un’analisi di genere alla definizione di spazi virtuali più complessi e maggiormente rispondenti alla realtà, in cui le identità e i comportamenti di genere sono meno stereotipati e più dinamici, significa aprire una nuova linea di produzione e intercettare un nuovo pubblico di giocatori e giocatrici.
Ovviamente, per applicare gli strumenti di analisi di genere proposti da Gendered Innovations servono approcci interdisciplinari ed una formazione adeguata, che consenta ad uomini e donne che si occupano di ricerca applicata, di avere conoscenze di genere ed un livello di consapevolezza idoneo a  “ripensare standard e modelli di riferimento” e a “ripensare i linguaggi e le rappresentazioni visuali”. Si tratta, finalmente, di un’applicazione del gender mainstreaming con conseguenze concrete nella vita quotidiana, comprensibili a tutti, che mette in evidenza come il tema del genere non sia “solo una questione di donne”. E anche su questo si aprono nuove ed interessanti prospettive di ricerca e di lavoro.
Per saperne di più si può seguire il sito della Commissione su Donne e Scienza.
Note
(1) Il convegno finale del progetto si è svolto il 9 luglio al Parlamento Europeo, con il supporto della Commissione Europea, direzione generale Ricerca e Innovazione.

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