"QUELLO CHE
RESTA, STORIA DI STEFANIA NOCE" un libro di Serena Maiorana, una storia da
portare con sé
22 luglio 2013
alle ore 9.45
QUELLO CHE
RESTA, STORIA DI STEFANIA NOCE Il femminicidio e i diritti delle donne
nell'Italia d'oggi
(di Serena Maiorana, villaggio Maori edizioni)
"Oggi, 5 maggio 2012, queste scarpe lasciate a terra in piazzaVittorio Emanuele non raccontano solo di donne che prima c'erano eadesso non ci sono più. Raccontano anche di un paese, il nostro, in cui, per i diritti delle donne,una piazza pare più facile riempirla con le scarpe di quelle morteammazzate, che con i piedi, il corpo e l'intenzione delle persone vive."
Così Serena Maiorana in uno dei passaggi di questo libro piccolo, all'apparenza inoffensivo e che però ti arriva diretto come un pugno tirato nello stomaco, un pugno bello forte.
Un libro scritto grazie alla generosità propria e degli altri, quelli che del mondo di Stefania Noce, attivista femminista e ragazza'normale' di 24 anni ammazzata dall'ex fidanzato a coltellate, facevano e fanno parte.
La vicenda di Stefania, il suo assassinio, avvenuto il 27 dicembre del 2011, hanno colpito l'immaginazione e la coscienza di tanta gente, forse più di altri crimini simili a questo, perché all'indomani della sua morte i mezzi di informazione hanno rimandato immagini e notizie che ce la mostravano un'ultima volta, giovane e sorridente, in piazza, seminascosta da un cartello che affermava "non sono in vendita".
Era la piazza del 13 febbraio 2011, era quel giorno in cui a centinaia di migliaia donne di ogni età e provenienza, estrazione, professione, idea si erano unite in tutta Italia per rivendicare dignità, autodeterminazione,rispetto.
Era un momento in cui il corpo collettivo delle donne era particolarmente sotto attacco. Un attacco quotidiano che aggiungeva disprezzo a disprezzo, offesa ad offesa, giacché a farsene portavoce era una delle massime istituzioni dello stato, l'allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi.
Le donne rivendicavano parecchi diritti, quel giorno, primo tra tutti quello di non essere trattate più come cose possedute, usate e gettate.
Nel libro di Serena Maiorana, che coniuga in modo perfettamente equilibrato il suo essere scrittrice ed il suo essere giornalista, c'è di questa rivendicazione una sorta di fermo immagine in cui prepotentemente su di un bianco e nero panoramico si staglia il dettaglio rosso del sangue versato dalle molte donne uccise per femminicidio.
Il femminicidio, questa parola della invenzione della quale c'è stato bisogno per definire crimini che altrimenti non avevano modo di essere detti, è protagonista di questa vicenda nel bene e nel male. Il male è la morte, il "bene" se così possiamo definirlo, sta nelle motivazioni della sentenza che condanna l'assassino, Loris Gagliano, all'ergastolo in primo grado di giudizio, per un crimine riconosciuto come premeditato e come femminicidio. Ed è la prima volta in Italia.
Una vittoria, nella storia.
La storia di Stefania, raccolta con amore attraverso le voci di familiari ed amici, compaesani, compagne e compagni di studi, emblema e vicenda umana, chiave che apre le numerose porte dietro alle quali sta la violenza contro le donne.
Una narrazione che solleva interrogativi, denuncia ed accusa. Ma pone anche dubbi, fa intravedere speranze.
In un continuo passare dalla vicenda personale a quella politica di questa ragazza così piena di futuro, un tempo, Serena traccia un percorso che credo debba essere mostrato davvero a tutte e tutti, soprattutto ai giovani e giovanissimi.Perché solo da loro può partire quella nuova cultura che, sola, può modificare gli equilibri malsani di una società ancora profondamente patriarcale e maschilista.Perché solo da loro può arrivare la consapevolezza nuova che non esiste"troppo amore, " tale da portare ad ucciderne l'oggetto, che nessun delitto mai dovrà più essere definito passionale, che il dolore della perdita di una relazione vanno elaborati con altro che non sial'incapacita violenta di accettarla e che, soprattutto, le donnedevono e possono disporre di se stesse. Sempre.
"Quello che resta sono i ricordi, quelli tristi ma anche quelli felici.Quello che resta è il futuro.Quello che resta è una sentenza.Quello che resta sono le ultime pagine di questo libri e poi ciò che deciderete di fare dal momento in cui avrete finito di leggerlo"
Così a conclusione del libro che consiglio davvero di leggere e di far leggere.
Serena Maiorana è giovane scrittrice e giornalista, impegnata dal 2009 sul fronte degli stereotipi di genere.
Attiva in numerosi settori della comunicazione, dal lavoro all'interno di importanti uffici stampa alla stesura di racconti e romanzi, sta ora lavorando molto alla diffusione della storia di Stefania Noce avendo sempre al suo fianco le donne che da anni costituiscono l'ossatura della battaglia sul campo contro la violenza di genere: centri antiviolenza, associazioni, singole figure istituzionali.
(di Serena Maiorana, villaggio Maori edizioni)
"Oggi, 5 maggio 2012, queste scarpe lasciate a terra in piazzaVittorio Emanuele non raccontano solo di donne che prima c'erano eadesso non ci sono più. Raccontano anche di un paese, il nostro, in cui, per i diritti delle donne,una piazza pare più facile riempirla con le scarpe di quelle morteammazzate, che con i piedi, il corpo e l'intenzione delle persone vive."
Così Serena Maiorana in uno dei passaggi di questo libro piccolo, all'apparenza inoffensivo e che però ti arriva diretto come un pugno tirato nello stomaco, un pugno bello forte.
Un libro scritto grazie alla generosità propria e degli altri, quelli che del mondo di Stefania Noce, attivista femminista e ragazza'normale' di 24 anni ammazzata dall'ex fidanzato a coltellate, facevano e fanno parte.
La vicenda di Stefania, il suo assassinio, avvenuto il 27 dicembre del 2011, hanno colpito l'immaginazione e la coscienza di tanta gente, forse più di altri crimini simili a questo, perché all'indomani della sua morte i mezzi di informazione hanno rimandato immagini e notizie che ce la mostravano un'ultima volta, giovane e sorridente, in piazza, seminascosta da un cartello che affermava "non sono in vendita".
Era la piazza del 13 febbraio 2011, era quel giorno in cui a centinaia di migliaia donne di ogni età e provenienza, estrazione, professione, idea si erano unite in tutta Italia per rivendicare dignità, autodeterminazione,rispetto.
Era un momento in cui il corpo collettivo delle donne era particolarmente sotto attacco. Un attacco quotidiano che aggiungeva disprezzo a disprezzo, offesa ad offesa, giacché a farsene portavoce era una delle massime istituzioni dello stato, l'allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi.
Le donne rivendicavano parecchi diritti, quel giorno, primo tra tutti quello di non essere trattate più come cose possedute, usate e gettate.
Nel libro di Serena Maiorana, che coniuga in modo perfettamente equilibrato il suo essere scrittrice ed il suo essere giornalista, c'è di questa rivendicazione una sorta di fermo immagine in cui prepotentemente su di un bianco e nero panoramico si staglia il dettaglio rosso del sangue versato dalle molte donne uccise per femminicidio.
Il femminicidio, questa parola della invenzione della quale c'è stato bisogno per definire crimini che altrimenti non avevano modo di essere detti, è protagonista di questa vicenda nel bene e nel male. Il male è la morte, il "bene" se così possiamo definirlo, sta nelle motivazioni della sentenza che condanna l'assassino, Loris Gagliano, all'ergastolo in primo grado di giudizio, per un crimine riconosciuto come premeditato e come femminicidio. Ed è la prima volta in Italia.
Una vittoria, nella storia.
La storia di Stefania, raccolta con amore attraverso le voci di familiari ed amici, compaesani, compagne e compagni di studi, emblema e vicenda umana, chiave che apre le numerose porte dietro alle quali sta la violenza contro le donne.
Una narrazione che solleva interrogativi, denuncia ed accusa. Ma pone anche dubbi, fa intravedere speranze.
In un continuo passare dalla vicenda personale a quella politica di questa ragazza così piena di futuro, un tempo, Serena traccia un percorso che credo debba essere mostrato davvero a tutte e tutti, soprattutto ai giovani e giovanissimi.Perché solo da loro può partire quella nuova cultura che, sola, può modificare gli equilibri malsani di una società ancora profondamente patriarcale e maschilista.Perché solo da loro può arrivare la consapevolezza nuova che non esiste"troppo amore, " tale da portare ad ucciderne l'oggetto, che nessun delitto mai dovrà più essere definito passionale, che il dolore della perdita di una relazione vanno elaborati con altro che non sial'incapacita violenta di accettarla e che, soprattutto, le donnedevono e possono disporre di se stesse. Sempre.
"Quello che resta sono i ricordi, quelli tristi ma anche quelli felici.Quello che resta è il futuro.Quello che resta è una sentenza.Quello che resta sono le ultime pagine di questo libri e poi ciò che deciderete di fare dal momento in cui avrete finito di leggerlo"
Così a conclusione del libro che consiglio davvero di leggere e di far leggere.
Serena Maiorana è giovane scrittrice e giornalista, impegnata dal 2009 sul fronte degli stereotipi di genere.
Attiva in numerosi settori della comunicazione, dal lavoro all'interno di importanti uffici stampa alla stesura di racconti e romanzi, sta ora lavorando molto alla diffusione della storia di Stefania Noce avendo sempre al suo fianco le donne che da anni costituiscono l'ossatura della battaglia sul campo contro la violenza di genere: centri antiviolenza, associazioni, singole figure istituzionali.
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